Nel frattempo, nel 1806 Andrea Bellomo, primogenito di Michele e Serafina Di Marzo, sposa Giuseppa Lopez, figlia di Antonio e Caterina Strisciuglio.
Si consolida così l’unione tra due famiglie di marinai, naviganti e mercanti, residenti nelle zone vicine al porto, cioè l’Ospedale, Spirito Santo e San Francesco. Andrea, marinaio/armatore è probabilmente a capo di un’attività di pesca e commercio di stampo familiare, che piano piano passa dalla distribuzione al minuto, realizzata sulla spiaggia al momento dell’approdo, al vero e proprio commercio di pesce.
“La famiglia produttrice è proprietaria di un’intera paranza ed è formata da tre generazioni maschili: un anziano che a terra ripara le reti e cura la vendita del pesce, ma accompagna spesso figli e nipoti in mare, specie nelle grandi campagne di pesca; una generazione di adulti, marinai provetti che reggono la paranza a vari livelli di responsabilità e costituiscono l’elemento centrale ed indispensabile della famiglia proprietaria; i nipoti, mozzi ed apprendisti” (da “Comunità separate e trasformazioni strutturali. I pescatori pugliesi fra metà Settecento e gli anni Trenta del Novecento” di Biagio Salvemini, pag 468, in Melanges de l’Ecole francaise de Rome. Moyen-Age. Temps modernes, tome 97, n. 1, 1985). Ed è così che immaginiamo l’organizzazione imprenditoriale della famiglia di Andrea fu Michele Bellomo e dei suoi quattro figli, tutti marinai poi destinati al commercio sulla terraferma. Dai ricordi di famiglia emerge che i Bellomo siano stati degli armatori e abbiano avuto una loro flotta di famiglia, chiamata i sette quinti o qualcosa di simile. Probabilmente si tratta proprio della flotta gestita da Andrea e dai suoi quattro figli, cinque persone che gestivano sette navi da pesca (da qui il nomignolo dato in famiglia alla flotta). Di questo però non abbiamo trovato alcuna testimonianza documentale, per ora.
Michele, il primogenito, nato nel 1807, sposa nel 1833 Teresa Scanni, figlia di marinaio, e muore nel 1872 nella casa di strada delle Mura; nel 1812 nasce Antonio, che sposa nel 1836 Magnifica Loprieno, figlia di calzolaio, e muore a 85 anni nel 1897 nella casa di via Quintino Sella, è il nonno del generale Nicola Bellomo, eroe della Seconda Guerra Mondiale nato nel 1881 dal figlio Andrea, commerciante, e Isabella Ungaro; nel 1825 nasce Vito Donato Emanuele, che nel 1851 sposa Caterina Lamacchia; infine nel giugno del 1827 nasce Gaetano, che sposerà Grazia Carrassi, consolidando un altro importante legame tra famiglie di marinai e commercianti. Ed è della sua discendenza che ci occuperemo. Le sorelle dei quattro ragazzi Bellomo sono Serafina, nata nel 1809, che sposa nel 1832 Francesco Cardinale, facchino figlio di marinaio, e morirà nel 1891 ormai vedova, e Anna, nata nel 1823, sposata con il villano Giuseppe Carofiglio nel 1847; Caterina invece muore a 17 anni nel 1834. Andrea Bellomo muore nel 1854 a 74 anni. Non abbiamo potuto leggere il suo atto di morte, per cui non possiamo sapere se viene definito marinaio, commerciante o industriante, definizione che confermerebbe il suo essere a capo di un’impresa a carattere familiare con una buona rendita. Giuseppa Lopez, invece, muore nel 1862 a 80 anni nella casa di strada San Francesco, dove abitano le sue due figlie Serafina e Anna, ed è probabile che con una delle due lei viva, data l’età molto avanzata.
In questa metà del 1800 la famiglia Bellomo ha sicuramente portato a compimento un percorso di crescita e affermazione sociale intrapreso dalla metà del 1700 da molte famiglie di piccoli e medi armatori, padroni di barche e marinai. Famiglie che hanno iniziato con una o più barche da pesca “magari in società con qualche parente, un trabaccolo o qualche altro tipo di nave per la pesca d’altura o per il cabotaggio lungo le coste dell’Adriatico e impegnano in 'negozio marittimo' alcune centinaia e fino a qualche migliaia di ducati. Anche in questi casi operano solidarietà e sinergie familiari e di gruppo che distribuiscono su più individui e più nuclei familiari rischi e vantaggi dell’attività armatoriale e commerciale.” (da “Ceti e professioni a Bari nell’Antico Regime” di Angelo Massafra, pag. 72, in Storia di Bari nell’Antico Regime vol. 1, Laterza, Bari 1991). Nel corso di un secolo la microimprenditorialità dei padroni di trabaccoli e dei piccoli e medi armatori è stata così vivace e intraprendente, che, riorganizzando le aziende a base familiare e separando le funzioni marinare da quelle mercantili, sono riusciti a imporsi con successo sul mercato e a garantire a chi si è dedicato al commercio al dettaglio di conseguire prestigio sociale (come spiega Biagio Salvemini in “Il 'grande secolo' della storia di Bari", pag. XI, in Storia di Bari nell’Ottocento, vol. 2, Laterza, Bari 1994). Ed è proprio questo che i Bellomo incarnano.
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