La Canosa della fine del 1700 si presenta come un tranquillo e sonnolento centro rurale di provincia, a prevalente economia ago-pastorale, che condivide aspetti socio-culturali più con la Capitanata e la Basilicata che con le città di mare come Barletta o Trani. Niente a che fare con la grande Canosa dell’Antichità, di cui si conservano gli antichi resti archeologici in una situazione di degrado che gli stranieri in viaggio per il Gran Tour in Italia non mancano di sottolineare. Gli stessi però non mancano di sottolineare la cordialità e l’ospitalità dei Canosini, gente semplice, contadini, pastori e artigiani inconsapevoli del tesoro che quelle “rovine” rappresentano, ma certamente affascinati e inorgogliti dalla presenza degli stranieri.
“Tranne pochi esponenti del ceto civile, la maggior parte della popolazione è rappresentata da contadini e da un esiguo numero di artigiani. Incapaci, per la loro ignoranza, di reggere il governo locale, costoro sono raggirati dai maggiorenti locali, dal barone o dagli stessi preti cui si rivolgono per qualche consiglio”. Così parla dei Canosini del Settecento Giuseppe Poli nella presentazione al libro del prof. Antonio Michele Paradiso, Canosa nel ‘700. Domenico Forges Davanzati, Schena Editore, 2005. Proprio per tutelare la povera gente e mettere fine alle inique consuetudini e ai privilegi storici di alcune famiglie e di alcuni esponenti del clero, Forges Davanzati, che tra il 1786 e il 1796 resse la cattedra prevostale in città, cerca di rivendicare il ruolo dello Stato contro il potere consuetudinario del principe Antonio Capece Minutolo, fermo difensore dei diritti della feudalità baronale. In particolare Forges Davanzati sostiene la riforma agraria, che avrebbe consentito di ridistribuire le terre ai piccoli proprietari, favorendo la riconversione verso nuove colture. Sui colli, intorno alla città, c’erano campi coltivati a frumento, alberi di mandorli e viti, ulivi.
La popolazione è distribuita su circa 30 strade, ci sono tre taverne, una grotta, due pagliari, l’ospedale e il forno in largo Castello. La maggior parte delle case (sottani e soprani) in cui vivono i Canosini sono di proprietà del Capitolo e del Principe, anche se non mancano i proprietari semplici, cioè i piccoli proprietari di case e terreni. Complessivamente la città presenta una popolazione giovane con un alto tasso di mortalità infantile.
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